Dalla lettera 203 di Sant’Agostino sulla Vanità

Pubblicato giorno 23 aprile 2023 - Senza categoria

 

Scrivendo ad un certo Largo governatore come proconsole in Africa circa il 418/19 d.c., S. Agostino ci insegna, o almeno ci ricorda, come trattare la VANITA’. E’ probabile che questo signor Largo durante la sua attività di governatore abbia combinato qualche guaio e per questo destituito. L’amarezza e l’umiliazione è grande e Agostino esorta il proconsole a non cercare nella vanità gli onori mondani. <La vanità porta con sé un piacere fallace, una fatica inutile, una paura continua, un prestigio pericoloso. S’incomincia senza riflessione e si finisce senza soddisfazione. Così vanno le cose; si bramano più inconsideratamente che prudentemente. Ben diversa è la speranza delle persone timorate di Dio, e ben diversi i frutti….ma quel che soprattutto importa è per qual motivo, con quale aspettativa e per qual fine si soffre>. Il nostro santo in queste poche righe si sofferma sulla inutilità e pericolosità della vanità; l’uomo vale in quanto è uomo vero, non in quanto ha autorità, titoli, onorificenze e cose del genere. Ci possono essere e non sono cattive di per sé, lo diventano quando – popolarmente diciamo – montano alla testa, e questi personaggi credono di essere padri eterni. Sappiano che le cose di questo mondo finiscono e a volte anche in malo modo. Così deve essere stato per questo Largo e Agostino ancora gli insegna chiudendo la lettera: penso ai <guai che ti sono capitati, sono tuttavia maggiormente rammaricato che tu ne sia stato afflitto senza che la tua vita abbia subito un mutamento in meglio>.  Bello e caro questo richiamo al miglioramento, se ci capitasse una simile occasione, quella di essere disonorati, c’è un invito anche per noi, senza dimenticare l’insegnamento della prima parte.